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La lavorazione delle ceramiche a Ficulle, qui comunemente indicate come “cocci”, vanta origini decisamente antiche. Peraltro – come ricordato – lo stesso nome del borgo è tradizionalmente ricollegato al lemma latino figulus, ossia “vasaio”.
Si ha notizia di fornaci esistenti nell’area ficullese almeno sin dal XIV secolo, oltre ad esistere collezioni di locali manufatti seicenteschi. Senz’altro, lo sviluppo di tale attività artigiana fu agevolato dalla presenza dei vicini calanchi, area molto ricca di argilla.
Nell’Ottocento, alcuni laboratori si concentravano in una località, situata fra Ficulle e la frazione di San Cristoforo, dall’eloquente nome di “Le Cocciare”.
Tramandatasi per lo più oralmente di generazione in generazione, l’arte del “cocciaio” resiste tutt’oggi, dopo essersi perfezionata nei secoli fino a concepire peculiari prodotti entrati a far parte, in maniera indissolubile, dell’identità ficullese.
Alcuni di essi hanno acquisito nomi alquanto suggestivi: il “broccuccio”, la “panata” e la “truffa”, tradizionali recipienti per l’acqua, il vino e l’olio; la “stufarola”, pentola utilizzata per le zuppe; la “pignatta”, impiegata per cucinare durante la mietitura nei campi; l’analogo “pignatto”, usato per la cottura dei cibi al fuoco; il “focone” e la “pretina”, deputati a contenere tizzoni di carbone ardenti per riscaldare, rispettivamente, la camera da letto o il solo giaciglio.
Fra i capolavori dei locali maestri cocciai rientrano, infine, i caratteristici fischietti di terracotta, solitamente modellati ad assumere la forma di animali.
tratto da "L'Umbria che non ti aspetti, Wonderful Experience of Italy", autore Lorenzo Berna
Foto by Paolo Menchetti
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