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Corpo e mente: è logico pensare a una interdipendenza?
Il corpo è materia intelligente. Oggi parliamo di biologia
spiegata in termini di fisica quantistica.
Oggi si riconosce e si dimostra che tutto é energia, tutto é
originato dalla energia, tutto ritorna all'energia.
Qui si profila un enigma: se tutto è energia e tutto torna
ad essere energia, noi allora dove andiamo?
Facciamo un grande parlare, si specula su ogni elemento
conosciuto, si elaborano tesi che diano una dimensione al nostro essere corpo e
mente.
Dimentichiamo ciò che delimita e contiene il corpo e la
mente, ovvero il vuoto, akasha, per l'India, l'oceano cosmico di energia
contenuto dal vuoto che a sua volta delimita il pieno.
Paradossalmente il vuoto che tutto contiene rappresenta l'energia
che deve prendere una forma, subire una trasformazione, implodere per non
annullarsi.
Una delle forme di energia é rappresentata dalla materia. Le
varie classi della materia evolvono in modo consequenziale, annullandosi le une
nelle altre.
E giungiamo al micro del macrocosmo rappresentato dall'uomo. Giungiamo all'esigenza dell'uomo di diventare Dio. Osserviamo Il corpo che serba la memoria cosmica, la memoria energetica degli elementi che compongono l'universo, akasha. Ma abbiamo dimenticato la memoria cosmica e utilizziamo il corpo come mezzo di forza, di potere. Un potere incongruo perché non sappiamo a cosa rivolgerlo.
La mente elemento parallelo al corpo e pertanto una delle
espressioni del corpo stesso, prende forma e inizia la sua azione.
L'Ayurveda parla della mente quale sesto organo di senso che
dispone di due possibilità di espressione:
la prima legata ai sensi di cui decodifica le percezioni;
la seconda alla capacità di generare l'espressione
sensoriale senza riferimento fisico ai sensi.
La mente acquisisce autonomia indipendente dai sensi e dalle
loro espressioni. Ecco che si generano i bisogni.
Se all'inizio era necessario toccare per percepire il tatto,
ora la mente elabora elementi tattili che costituiscono bisogni per soddisfare
il tatto. Siamo passati da un riflesso logico, il toccare e percepire l'oggetto
toccato, ad una proiezione su livelli non sempre tangibili della percezione
tattile.
Questo processo si estende a tutti gli organi di senso.
Vorrei ricordare che sono gli organi di senso che danno la nostra dimensione
umana.
Quella che chiamiamo vita è solo l'espressione dei sensi che
a loro volta sono il condensato energetico degli elementi che costituiscono
l'universo da noi espresso in forma microscopica.
Siamo talmente abituati a vedere da non capire più che ciò
che vediamo è l'espressione dei nostri bisogni.
Quanto l'occhio vede é decodificato da bisogni vari e
complessi che si sono insinuati nella mente che finalmente genererà l'effetto
della visione.
Questo diabolico meccanismo si ripete per tutti i mezzi di
percezione del tangibile messi a nostra disposizione. Ne facciamo un uso
devastante che accresce inesorabilmente l'espressione dei bisogni.
È corretto e ben fatto analizzare questa gamma di bisogni
con spirito obiettivo.
Cosa si intende per obiettivo? Osservare il bisogno,
valutarlo quale esso è, porlo in relazione con la sua forza originante, la
mente. Riconoscere la causa che genera in noi il bisogno e infine, l'elemento
più importante, capire l'origine della causa che ha generato in noi il bisogno.
Questo iter è applicabile a tutti gli aspetti del nostro
vissuto. La sofferenza o dolore, le origini della sofferenza, le cause che
generano la sofferenza, la via per annullare la sofferenza costituiscono la
guida all'accettazione di noi stessi. L'accettazione di noi stessi non
costituisce un accomodamento che ci pone nella condizione di guardare al mondo
con sufficienza e al contempo, innalzandoci. L'accettazione di se stessi
costituisce il mezzo di cui tutti 'gratuitamente' disponiamo per entrare in
contatto con le nostre energie primordiali e collocare questa esperienza umana
nella dimensione esperienziale che la caratterizza.
In cosa costituisce l'accettazione di se stessi?
Non mi sembra che questa visione, l'accettazione di noi
stessi, possa costituire un problema. Con qualche eccezione, nella norma ognuno
accetta se stesso. Siamo certi che ciò sia vero?
Quando andiamo a scuola - il primo livello sociale - e
facciamo le nostre scelte, sono queste scelte determinate da noi quali noi
siamo, oppure noi quali vorremmo essere? Qui comincia l'instancabile lavoro
della mente che genera bisogni e soluzioni atte a soddisfare la proiezione che
la mente ha di se stessa, ovvero dimostrare la sua onnipotenza.
Per acquietare questo bisogno di onnipotenza, noi lavoriamo
instancabilmente e costruiamo labirinti sempre più complessi. Seguiamo scuole
di pensiero, modifichiamo il nostro credo, pensiamo di dare alla fede connotati
riproducibili. Siamo letteralmente instancabili! Eppure siamo infelici, ci
sfugge la comprensione perché ci siamo. Certo con la legge del karma abbiamo
quasi risolto tutti i problemi, abbiamo le vite precedenti e future che ci
acquietano.
Qui si pone ancora un problema: e se tutto è energia e tutto
ritorna ad essere energia, come ci rapportiamo alle vite precedenti e future?
Qui ci viene in aiuto Jean Emile Charon fisico e filosofo
francese che nel 1979, propone una visione particolare dell'essere.
Paragona l'individuo a un diamante, la morte dell'individuo
alla esplosione del diamante. Ogni elemento del diamante esploso ha in sé tutte
le caratteristiche del diamante. Per ritrovare la forma che lo ha inizialmente
caratterizzato, ogni frammento del diamante dovrà ricongiungersi. Ciò accadrÃ
attraverso esperienze evolutive fino a ritrovare nel congiungimento la forza e
la vibrazione per rientrare nell'universo, in akasha.
In tutto questo cammino la nostra individualità é un poco
offuscata.
Cosa fare per trovare pace e conoscenza?
Vorrei ricordare le parole di SS il Dalai Lama quando a
Getsemani, nel 1996, in esito a un convegno che aveva visto riuniti pensatori e
praticanti buddisti e cristiani, parlando delle proprie convinzioni disse:
"quanto dico è appropriato alle mie conoscenza. Altri
hanno convinzioni appropriate alle loro esperienze".
Nulla è vero, tutto é vero. Tutto è falso, nulla è falso.
L'ACCETTAZIONE, la COMPASSIONE, il DISTACCO ci permettono di
essere obiettivi, e con questo spirito potremmo avvicinarci alla metodica
meditativa sostenuta e preceduta dalla pratica della respirazione e della
contemplazione.
01-12-2016
Lucia Tommasini
Giannandrea
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