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Università Popolare Albedo naturopatia classica biodinamica presenta: La Malattia: il suo significato

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Il Post

  • Scritto da: Lucia Rita  Giannandrea
  • Il: 23/11/2020 12:38

La malattia non rappresenta, come comunemente sentito, la manifestazione, il suggello del fallimento del sogno di onnipotenza e di immortalità dell'essere umano.

E' la finitezza dell'esperienza terrena che rende la malattia particolarmente preziosa; e se la morte scandisce la fine di quel particolare episodio chiamato vita, la malattia è invece l'indicatore dello squilibrio che si manifesta nei rapporti che intercorrono tra i tre elementi della triade.

La malattia è la maestra che porta in superficie, che segnala chiaramente l'esistenza di problemi nascosti e irrisolti, che riporta l'attenzione del malato all'essenziale, che costringe a sfoltire, a relativizzare l'importanza delle occupazioni secondarie sulle quali si concentra la vita.

La malattia spazza il campo dall'irrilevante.

E' il vero specchio che ci costringe a guardarci quali siamo al momento del suo insorgere; che ci propone di evolvere e di superare le difficoltà e i problemi rimossi e sepolti in profondità che risucchiavano le nostre energie e con i quali sembravamo disposti a convivere in eterno.

Christa Faye Burka, nel suo libro: "La coscienza del cristallo", afferma che:

“Quando l'uomo è pronto per evolvere verso un altro livello di coscienza, normalmente si ammala”.

La malattia bussa alla porta dell'indifferente, del sordo che non vuole intendere, del cieco che non vuole vedere e gli spiega: "questo lavoro va fatto oggi, non si può rimandare più".

La consapevolezza, la presa di coscienza degli squilibri che accompagnano il nostro cammino e che la malattia manifesta, è spesso di difficile e penoso raggiungimento. Per questo la malattia occasionale, non riconosciuta ed interpretata, diventa malattia cronica, e in seguito malattia grave. Oppure la malattia si manifesta direttamente in forma grave, e la sua gravità e la sofferenza che questa comporta (come pure la sofferenza che deriva da traumi esterni alla nostra persona), è direttamente proporzionale con le prospettive di crescita e di evoluzione da essa offerte.

La presa di coscienza è indispensabile per il raggiungimento dell'equilibrio perduto. Spesso questa condizione non si verifica, ed è facile che ciò avvenga perché il mondo moderno - materialista e pseudo-scientifico - non ha assolutamente coscienza delle cause e del significato della malattia. E la cura si estrinseca in una feroce lotta contro i sintomi, come se fossero caduti dal cielo per caso, e non avessero nessun rapporto con la vita del malato. Privi quindi di significato e privi di utilità e di possibile interpretazione.

Solo marginalmente la medicina presta attenzione alla persona, nel caso di quelle poche malattie che si definiscono psicosomatiche. Ma in tutti i casi la soluzione proposta è radicale, di lotta, di guerra senza quartiere contro il male, che va debellato ad ogni costo. Ma la guerra senza quartiere combattuta all'interno di una città, non colpisce solo i belligeranti, ma fa inevitabilmente molte vittime tra i civili e sconquassi nel tessuto cittadino. Così accade nel corpo umano: nei casi di neoformazioni, l'obbiettivo primario è di estirpare l'organo malato, prima che gli organi sani possano venire contagiati; come se la violenza e la radicalità dell'intervento non fossero tali da privare il corpo - spossato dalla chirurgia e dall'aggressione chimica - delle energie e risorse immunitarie indispensabili per impedire alla malattia di manifestarsi nuovamente (e magari in maniera più virulenta, se le cause reali, lo squilibrio energetico, non è stato identificato e sanato).

La cultura occidentale non presta attenzione ai messaggi del corpo; la parcellizzazione del corpo umano, che è conseguenza della specializzazione raggiunta dalla medicina e dalla perdita del punto di riferimento - la globalità, l'unicità dell'individuo, la divinità che si manifesta in lui - fanno si che il messaggio, portato dalla malattia quale sintomo, non venga decodificato e compreso.

Eppure molti dalla malattia imparano, senza rendersi conto che è proprio per dare loro quell'insegnamento che la malattia è comparsa. Questo si verifica soprattutto se la malattia è stata grave e la paura di morire ha messo in discussione i vecchi valori e ne ha messi in evidenza degli altri: davanti alla visione della morte, l'ambizione e la ricerca del successo, possono ridimensionarsi ed altri valori più autentici prendere il sopravvento. Ma questo accade solo ad alcuni, mentre altri si dirigono con passo fermo verso una riedizione più grave dello stesso evento al quale sono sopravvissuti, senza avere tratto alcun insegnamento dalla malattia dalla quale sono stati temporaneamente "guariti".

18-08-2016

Lucia Tommasini Giannandrea



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