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Una disciplina che esorta al contatto umano con finalitÃ
salutistiche, può essere mal recepita dal corpo accademico preposto a mantenere
la salute della società .
La proposta naturopatica ha avuto difficoltà a trovare dei
connotati che la identificassero e la caratterizzassero.
Ciò è accaduto fino al 14 gennaio 2013, quando è stata
approvata la legge n. 4, che regolamenta "le professioni non organizzate
in ordini o collegi".
Ciò attesta che fino a quel momento la Naturopatia in Italia
non era riconosciuta non disponendo di un ordine o collegio, mentre dalla fine
della seconda guerra mondiale se ne praticavano gli insegnamenti e a volte solo
le intuizioni.
Con l'avvento dell'Unione Europea, si sono generati nuovi
scambi culturali e operativi che non hanno peraltro prodotto una visione
cristallina della Naturopatia.
Tenendo conto delle esperienze degli altri paesi, l'Italia
da sempre culla di cultura, potrebbe oggi definire con più chiarezza questa
disciplina in relazione al tempo che viviamo, e al contempo qualificare in modo
più uniforme il suo praticante. Si potrebbe allargare questa ricorrente
definizione di professione emergente con una visione culturale al passo con le
esigenze e le opportunità di scambi culturali, caratteristica del nostro presente.
Con la legge 4/2013 è data una linea di condotta da cui non
dobbiamo derogare. Il concetto di associazione e il ruolo che questa riveste
nel settore naturopatico ha un chiaro rilievo nella legge 4/2013.
L'Articolo 2, "Associazioni professionali", comma
1, esorta a costituire delle associazioni a carattere professionale ...
"con il fine di valorizzare le competenze degli associati e garantire il
rispetto delle regole deontologiche". Al comma 3 si legge: "le
associazioni professionali promuovono, anche attraverso specifiche iniziative,
la formazione permanente dei propri iscritti, ... vigilano sulla condotta
professionale degli associati e stabiliscono le sanzioni disciplinari da
irrogare agli associati per la violazione del medesimo codice" (codice del
consumo 27bis).
Al comma 4, si legge: "le associazioni promuovono forme
di garanzia a tutela dell'utente tra cui l'attivazione di uno sportello di
riferimento per il cittadino consumatore".
L'Articolo 3, "Forme aggregative delle
associazioni", al comma 1 si legge che: "mantenendo la propria
autonomia, le associazioni possono riunirsi in forme aggregative ...".
Al comma 3 sono elencati i compiti di queste associazioni
aggregate che "possono controllare l'operato delle singole associazioni,
ai fini della verifica del rispetto e della congruità degli standard
professionali e qualitativi dell'esercizio dell'attività e dei codici di
condotta definiti dalle stesse associazioni".
L'Articolo 4, "Pubblicità delle associazioni
professionali", al comma 3 si legge: "le singole associazioni
professionali possono promuovere la costituzione di comitati di indirizzo e
sorveglianza sui criteri di valutazione e rilascio dei sistemi di
qualificazione e competenze professionali".
Si impone in questa luce la necessità di un ELEMENTO
AGGREGANTE che permetta l'incontro e la discussione tra le associazioni
esistenti. Senza un elemento coordinatore, cadiamo facilmente nei nostri
difetti nazionali della individualità e della frammentazione.
Interessante è l'Articolo 6, "Autoregolamentazione
volontaria", in cui si legge al comma 1: "la presente legge promuove
l'autoregolamentazione volontaria e la qualificazione dell'attività dei
soggetti che esercitano le professioni di cui all'Art. 1, anche
indipendentemente dall'adesione degli stessi ad una delle associazioni di cui
all'Art. 2".
Il comma 2 dello stesso Articolo, ci dice che la
qualificazione della prestazione professionale si basa sulla conformità della
medesima a norme tecniche denominate "Normativa Tecnica UNI".
Infine l'Articolo 9, "Certificazione di conformità a
norme tecniche UNI", conferma al comma 1 che: "le medesime
associazioni possono promuovere la costituzione di organismi di certificazione
della conformità per i settori di competenza, professionalità previsti per tali
organismi dalla normativa vigente e garantiti dall'accreditamento di cui al
comma 2, dove si conferma che "gli organismi di certificazione accreditati
... possono rilasciare, su richiesta del singolo professionista anche non
iscritto ad alcuna associazione, il certificato di conformità alla norma
tecnica UNI definita per la singola professione".
Perché le associazioni che promuovono lo studio della
Naturopatia non si incontrano e non creano una coalizione come del resto
indicato dall'articolo 2, comma 3?
Si sottolinea in detto articolo il rispetto della congruitÃ
degli standard professionali e qualitativi dell'esercizio dell’attività e dei
codici di condotta definiti dalle stesse associazioni.
La normativa tecnica UNI riguardante la Naturopatia, dice al
capitolo 3.11 che la Naturopatia si basa sulle scienze umane e sulle scienze
naturali. Si occupa di trattamento e della promozione dello stato di salute
attraverso l'uso di metodi e modalità che favoriscono il processo di
autoguarigione, il trattamento naturale di tutta la persona, la promozione
della personale responsabilità per la propria salute, l'istruzione per il
promuovere la salute attraverso un adeguato stile di vita. La Naturopatia
miscela la millenaria esperienza dei trattamenti naturali con le attuali conoscenze
nell'ambito salutistico e prende fondamento dai paradigmi del pensiero
dell'antropologia fisica e culturale in prima istanza, e di conseguenza delle
scienze dell'uomo... La Naturopatia è parte dell'insieme dei sistemi e delle
discipline esercitate dagli operatori non medici nell'ambito delle medicine non
convenzionali.
Si evince da quanto precede che disponiamo di tutti gli
elementi perché la Naturopatia ancor prima di produrre una nuova professione
emergente, torni ad essere quel laboratorio di ricerca sul significato di
natura nella vita umana e l'utilizzo delle conoscenze più avanzate della
fisica/medicina quantistica per meglio comprendere e collocare il significato
di energia e i mezzi per gestirla.
Nel rispetto delle competenze e capacità individuali di ogni
associazione, nel rispetto dei successi individuali degli aderenti alle
associazioni, il momento storico che viviamo chiede unione e uniformità di
conoscenze per contrastare abusi e deroghe.
Il codice deontologico del Naturopata deve essere unico.
Rispettiamo lo sforzo fatto da ogni associazione per compilare un codice
deontologico che verrà sottoscritto dal professionista aderente a tale
associazione e non possiamo immaginare che detto codice vari anche solo in un
particolare con quello sottoscritto da un altro professionista proveniente da
un'altra associazione.
Il monte ore dei corsi è un altro aspetto da chiarire.
Dobbiamo imbonire l'allievo o guidarlo verso l'apprendimento?
La Naturopatia deve avere una base didattica comune. Nel
rispetto dei multiformi aspetti della natura e della natura umana è ovvio che
ogni scuola, assolta la formazione di base che permette una base comune di
comprensione e discussione, decida per uno specifico orientamento nel quadro
della Naturopatia.
In questa epoca di allargamento della conoscenza e della
cultura, non possiamo minimizzare l'insegnamento e l'apprendimento in nome di
una ipotetica democrazia. Vorrei ricordare, a puro spirito informativo, che la
qualifica di Dottore non significa medico, bensì l'esser dotto in una scienza e
auspico che anche in Italia si offra un insegnamento naturopatico che porti a
meritare questa qualifica.
18-08-2016
Lucia Tommasini
Giannandrea
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