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L'8 marzo, giornata internazionale dei diritti della donna, quest’anno si svolgerà in un paese messo a dura prova dalla minaccia di un virus sta facendo vacillare le certezze del nostro mondo.
Nel giorno dedicato alle donne da oltre un secolo, oggi, per la prima volta, non potremo celebrare insieme, nelle piazze e nelle e strade le conquiste sociali, politiche ed economiche ottenute dalle donne dall’ottocento ai giorni nostri.
Questo momento, che ci nega alcune delle libertà che pensavamo più normali e scontate, deve spingerci a ricordare e comprendere con più forza la determinazione, la sofferenza e il coraggio di quelle donne che lottarono per conquistare libertà e diritti a loro negati per legge o consuetudine.
Forse, privati del valore dell’aggregazione, potremo capire meglio il senso di questa giornata che, negli anni, stava perdendo sempre di più lo spirito e le ragioni che l’avevano fatta nascere.
Ricordiamo alle nostre figlie quando nel nostro paese (anni cinquanta) distribuire la mimosa o diffondere “Noi donne”, il mensile dell'Unione Donne Italiane, era un gesto «atto a turbare l'ordine pubblico», o improvvisare un banchetto per strada diveniva «occupazione abusiva di suolo pubblico».
Ricordiamo le lotte contro le discriminazioni e le gravissime violenze di cui le donne sono state e sono ancora oggetto sul lavoro o in famiglia in quasi tutte le parti del mondo. Ricordiamo i casi di “Femminicidio” in continuo aumento nel nostro paese.
Sarà il modo più bello e intenso di abbracciare le nostre compagne.
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