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L’evento non è solo commerciale ma anche culturale, per mostrare come si possono produrre oggetti preziosi persino con materiali “poveri” o inconsueti: neoprene, carta, stoffa, pietra.
Presenti anche artigiani che lavorano argento e pietre dure con la tecnica classica, o con la tecnica della cera persa e tecnica Raku.
Uno sguardo, poi, fuori dei confini nazionali, con un artista dal Niger che produce gioielli di tradizione tuareg in argento, e che, assieme alla moglie italiana, ha un atelier molto noto nella Capitale.
Infine, non può mancare in un territorio di borghi storici, un artigiano che riscopre e ricrea gioielli di stampo medioevale.
Il filo di neoprene è vellutato, morbido, flessibile e piacevole al tatto.
I prodotti realizzati con questo materiale sono morbidi e setosi, in forte contrasto con l ’aspetto robusto e l’intensità dei colori. Utilizzando la migliore qualità di materiale prodotto in Italia, Neo’ produce oggetti raffinati per la casa, borse e gioielli lavorati a maglia, all’uncinetto, tessuti a telaio o semplicemente intrecciati e annodati a mano.
Forme prese dalla natura e oggetti quotidiani, raccolti nel corso di viaggi intorno al mondo, hanno ispirato il design di ogni pezzo, fondendo eleganza e resistenza in un’estetica contemporanea.
La filosofia di Neò è incentrata sulla creazione di oggetti esclusivi, senza tempo, destinati a durare e facili da mantenere.
Ogni pezzo è interamente fatto a mano in Italia secondo tecniche artigianali antiche, basandosi esclusivamente s u l l ’abilità e l’esperienza di un gruppo di artigiane locali.
Scegliendo metodi di lavorazione tradizionali, Neò riporta alla luce la bellezza e il talento racchiusi nell’artigianato italiano di qualità, che molti ricercano anche nei prodotti più moderni.
Ogni pezzo è unico, realizzato con cura e attenzione.
Piccole variazioni di misura contribuiscono ad esaltarne l’unicità e la bellezza.
Le collezioni Neo’ sono vendute in molti museum store e negozi di design in tutto il mondo.
Gli art shop del Museo di Arte Contemporanea del Lussemburgo, il Museo di Arte e Design di New York, il Centre Pompidou di Parigi, il Guggenheim di Bilbao, il Moma di San Francisco l’hanno scoperta prima delle boutique e dei concept-store innovativi.
Nei suoi accessori c’è infatti un forte richiamo all’arte, al dadaismo, all’architettura.
I suoi gioielli sono stati selezionati per mostre importanti, tra le altre:
• Triennale di Milano, con una selezione delle migliori 50 espressioni di “italianità”
• “Gioielli alla Moda” Palazzo Reale di Milano 2016
• “Gioiello Italiano Contemporaneo” tecniche e materiali tra arte e design” Vicenza, Milano, Berlino, Torino” 2009.
• “Carta Preziosa ” Milano Salone del Mobile 2018
• “Paper Jewellery” presso il Museo del Design della Triennale di Milano
• “Arte e Design Vivere e Pensare in Carta e Cartone” Comieco presso il Museo Diocesano a Milano nel 2011.
• Gioie di Carta presso Fondazione Cominelli - Lago di Garda nel 2017
• Museo del Gioiello - Sala Design, presso Basilica Palladiana Vicenza. 2018-2020.
“Zefiro” è la personificazione del vento mite della primavera, che porta cambiamento e rinascita.
Così come da fotografa Annette ha sempre avuto uno spiccato senso per le bellezze anche nascoste, e ora ha iniziato a guardare il mondo con occhi ancora più attenti. “La gratitudine di essere sopravvissuta ad una invasiva malattia si manifesta anche in questo: osservando i miracoli della Natura, ammirandone le linee armoniose e traendone ispirazione per le mie creazioni.
Le gocce di pioggia dalla forma perfetta che brillano sulla foglia di una pianta che mi ricorda la mia infanzia.
La libellula dai colori vibranti, i calici di fiori che, immagino, possano ospitare una perla.
Vorrei trasmettere la mia nuova voglia di vivere, la bellezza nei dettagli più inaspettati, il miracolo della rinascita.”
All’interno della sua linea di gioielli Annette ha sviluppato anche una collezione speciale, denominata “Same but Not”.
Alla base di questa collezione sussiste il forte legame di sangue che la lega alla sua gemella omozigote, relazione che già in passato l’ha portata a lavorare sulla dimensione dei gemelli con le sue particolarità.
“Mia sorella ed io abbiamo vissuto insieme fino all’età di ventisei anni, poi la vita ci ha offerto delle strade diverse che abbiamo seguito, ma per sentirci meno distanti abbiamo l’abitudine, il rito direi, di portare dei gioielli che ci fanno sentire legate nonostante ci sia l’oceano a separarci.
A volte ci “dividiamo ” un paio di orecchini, a volte ci scambiamo degli anelli o portiamo due versioni simili di un solo modello.
La mia collezione “Same but Not” prende spunto da questo: è dedicata alle gemelle, a delle sorelle o a delle migliori amiche che vogliono sentirsi vicine e farlo vedere al mondo.
Si ispirano alle forme naturali ed organiche della flora e della fauna, ai manufatti delle culture primitive e ai capolavori della storia dell’arte. Sono stati esposti in numerose gallerie, boutique esclusive in Italia ed all’estero oltre che nel Musei di Arte Contemporanea a Chicago, Arte Moderna a San Francisco , Istituto di Moda e Design a Los Angeles.
Sono comparsi su numerose riviste internazionali dedicate alla moda e alla fiberart, “vestendo” diversi personaggi del mondo dello spettacolo in collaborazione con costumisti e truccatori.
Da molti anni affascinato dai gioielli e dalle pietre preziose, pur facendo un lavoro diverso, quello di traduttore.
Ogni tanto commissionava qualcosa ad un amico orafo, fino al momento in cui si è chiesto: e se imparo a farlo io?
Poi, grazie alle congiunture della vita ha potuto seguire i corsi professionali di oreficeria.
Guardando non solo foto ma anche attraverso lo studio diretto di quadri, sculture e le tante decorazioni incastonate nelle antiche mura dei nostri centri storici, cerca di ricollegare arte e territorio, reinterpretando questo patrimonio in forma “portatile” con la creazione di ciondoli, bracciali... che possano colpire l’immaginario di chi vive nel mondo attuale.
Nato in Svizzera, dopo anni nel mondo della finanza internazionale,
Gli oggetti in mostra, salvo gli idoletti in pasta argillosa incorniciati, sono realizzati in porcellana e argento o bronzo, in fusione o lamina sbalzata, e pietre semipreziose.
I gioielli sono pezzi unici, le piccole sculture sono state prodotte in numero limitato.
Vive e lavoro in Umbria e nel Regno Unito.
“La mia ispirazione progettuale viene dalla natura, dai gioielli etnici e antichi che vedo nei musei e da molti altri oggetti che vedo intorno a me. Anche da forme naturali che catturano la mia attenzione, lascia baccelli e piante insolite.
Mi piace lasciare che un design di base si sviluppi mentre comincio a lavorare l'argento e mi porta a qualcosa oltre la mia forma originale che lo ha ispirato. Tendo al minimal piuttosto che all’ornato.
La mia aspirazione è sempre quella di prendere un pezzo di argento e lavorarlo con le mie mani usando tecniche e strumenti tradizionali fino a quando sento di avere un oggetto che qualcuno amerà e si divertirà a indossare negli anni a venire. Con il tempo dovrebbe diventare ancora più bello” (H.B.)
Collabora da anni con la stilista giapponese JUNKO KYOTO, creando accessori e abiti con seta giapponese, inclusi gioielli tessili.
Vive tra Roma e Porchiano Del Monte.
Dopo una lunga carriera come manager di grandi multinazionali nel 2014 andato in pensione ha cominciato la riscoperta delle sue passioni.
Con l’aiuto di alcuni corsi con artisti romani, ha scoperto la tecnica del gioiello in cera persa, una tecnica antichissima per realizzare monili unici in vari metalli: bronzo, ottone, argento, oro, spesso realizzati con pietre dure.
E poi che altro farò non so, “lo scopriremo solo vivendo ” (Roberto).
La tecnica della cera persa consiste nel realizzare un oggetto modellando la cera. Per modellare si scioglie con un ferro la cera aggiungendola per formare delle masse che danno un primo abbozzo d e l l ’oggetto, questa forma viene poi incisa e scolpita fino ad avere l’oggetto finito in cera.
L’oggetto realizzato in cera viene inserito in un cilindro metallico che viene riempito di gesso liquido. Il cilindro va poi in forno, la cera si scioglie e fuoriesce da un foro nel gesso (da qui il nome cera persa) e nel foro si immette a pressione il metallo fuso. Il gesso si rompe e rimane l’oggetto in metallo, un pezzo unico perché il calco in gesso è stato rotto.
Il raku è una tecnica di origine giapponese di cottura, nata in sintonia con lo spirito zen, in grado di esaltare l'armonia delle piccole cose e la bellezza nella semplicità e naturalezza delle forme.
L'origine del raku è legata alla cerimonia del tè: un rito, realizzato con oggetti poveri, incentrato sulla tazza che gli ospiti si scambiavano. Le sue dimensioni erano tali da poter essere contenuta nel palmo della mano.
La tecnica raku fu introdotta recentemente nel mondo occidentale che ne stravolse i principi fondamentali. L'effetto decorativo, con riflessi metallici e la cavillatura, la singolarità del processo, durante il quale l'oggetto è estratto incandescente dal forno, ne fanno una tecnica estremamente originale, che stravolge il metodo classico.
Durante il processo raku il pezzo subisce un forte shock termico: è quindi necessario utilizzare un'argilla robusta e refrattaria. Questo tipo di materiale possiede al suo interno sabbia e granelli di argilla già cotta, chiamati chamotte, che ne diminuiscono la contrazione, evitando così le fratture. Il pezzo in argilla refrattaria bianca, dopo esser stato modellato, è cotto una prima volta a 950-1000 °C; successivamente avviene la decorazione.
In questa tecnica si utilizzano ossidi o smalti; per avere una colorazione verde, ad esempio, non si utilizzano pigmenti di quel colore, ma l'ossido di rame.
Nasce nel 1963 in Svizzera dove impara il mestiere di
scalpellino.
A 22 anni si trasferisce in Italia e dal 1992 ha un proprio
laboratorio di scultura.
Ha fatto numerose esposizioni personali e collettive in
Italia, in Svizzera e in Germania.
Dal 2013 vive e lavora a Bagnoregio, provincia di Viterbo.
Poi però possiamo trovare la situazione rovesciata e una
collana in pietra, arrotolata a spirale, fa da base ad un particolare sasso di
fiume.
In fine le sculture doppie, un pezzo solido e fisso, l’altro
rimovibile e indossabile.
Le pietre usate sono prevalentemente italiane, tutte le
opere pezzi unici fatti a mano.
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