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Se deve essere un programma – non un libro dei sogni e nemmeno una lista della spesa, ma una bussola per orientarsi e prendere di volta in vota decisioni razionali ed efficaci – deve fare i conti con la realtà, misurarsi con quello che accade intorno a noi.
Lo scenario nazionale e regionale
Intorno a noi c'è innanzitutto il declino dell'Italia: il ridimensionamento della base industriale, il ritorno del caporalato in agricoltura, l'obsolescenza delle infrastrutture, l'avanzare dell'analfabetismo funzionale. E dentro l'Italia c'è la lunga crisi dell'Umbria. In un Paese che arretra, l'Umbria arretra di più, come attestano tutti i dati: PIL, produzione industriale, disoccupazione, redditi da lavoro, tendenze demografiche, spesa per cultura e istruzione, ecc.
In questo quadro Foligno e il suo circondario rappresentano un'eccezione positiva, un punto di minor sofferenza, grazie a fattori diversi:
• una rete di imprese, in particolare della meccanica fine e dell'aerospazio ma anche in settori tradizionali come l'agricoltura, che hanno garantito buona occupazione, valore aggiunto, presenza sui mercati internazionali
• un ciclo dell'edilizia che ha beneficiato a lungo delle risorse straordinarie della ricostruzione
• significativi di trasferimenti finanziari dallo Stato (soprattutto stipendi della P.A.) e dall'Europa (soprattutto progetti comunitari)
• una presenza turistica in lento ma costante aumento, accompagnata da una crescita delle strutture recettive, che compensa in parte le crescenti difficoltà del commercio al dettaglio
• una buona tenuta del welfare, supportato da un tessuto associazionistico in continua crescita, che si è preso cura della città, della vita culturale, dello sport e delle relazioni sociali.
Non tutti questi fattori possono essere le linee portanti del nuovo sviluppo della città: la lunga fase di espansione edilizia, ad esempio, pare definitivamente chiusa, e lascia alla città problemi di non facile gestione. Occorre dunque distinguere ciò che può ancora servire da ciò che, se anche ha contribuito a limitare i danni, finisce ora per ipotecare il futuro.
Lo scenario globale
Su un orizzonte più largo, intorno a noi c'è il mondo globalizzato, nel quale gli Stati nazionali perdono i loro strumenti (la moneta, l'impresa pubblica, la programmazione, gli incentivi) e la competizione investe direttamente le imprese (che competono per crescere) e le città (che competono per attirare le imprese).
Ci sono città che non avvertono la novità, e declinano lentamente. Altre che competono vendendosi al primo investitore che passa: chiudono un occhio sul lavoro nero, ne chiudono due sul percorso dei rifiuti industriali, svendono pezzi di territorio. Altre ancora si sforzano di trovare una strada che tenga insieme sviluppo economico e qualità: qualità del lavoro, qualità della vita, qualità dell'ambiente. Per questo, non per i chilometri di fibra ottica che le attraversano, le chiamano “città intelligenti”.
Un salto di qualità
Per molto tempo le città hanno dovuto scegliere tra arretratezza economica e sviluppo senza qualità. Potevi conservare aria pulita, acqua buona e cibi sani, ma li pagavi con la povertà. Oppure provavi a salire a cavallo dello sviluppo industriale, ma il prezzo era il degrado dell'ambiente, la cattiva qualità della vita e spesso la negazione dei diritti del lavoro. Lo abbiamo visto anche a Foligno, in anni non lontani: le vittime dell'amianto alle Officine G.R., gli scarichi industriali delle concerie e dello zuccherificio, i fumi del sansificio sono nelle cronache della città e nella memoria dei più anziani.
Oggi non è così. Non necessariamente.
La competizione globale ha cambiato le regole del gioco e solo le imprese senza futuro (le più antiquate, le più irresponsabili oppure le più fragili) si insediano in città in cui possono devastare l'ambiente e sfruttare il lavoro a loro piacimento. Più è scadente la qualità del territorio, più è facile che ospiti imprese mordi-e-fuggi ed economie di rapina. Le altre imprese, quelle che puntano a durare, scelgono territori caratterizzati da tre fattori principali:
• la qualità del contesto, cioè la possibilità, per i dipendenti, di trasformare il reddito in benessere: servizi educativi, sanitari e sociali, qualità del cibo disponibile a prezzi contenuti, accesso ai beni comuni, mobilità non stressante, opportunità del tempo libero, ecc.
• la capacità di promuovere l'innovazione: sia attraverso le infrastrutture (fisiche e digitali); sia attraverso la formazione, tanto di base che permanente; sia attraverso il sostegno attivo alla nascita di piccole e piccolissime imprese di servizio nei campi più diversi (dalla pubblicità alla contabilità alla ristorazione collettiva dei dipendenti)
• l'ancoraggio ad un territorio che – per la sua qualità ambientale, per la ricchezza di beni culturali, ecc.- è esso stesso una risorsa economica (agroindustria, allevamento, turismo responsabile, ecc.) o simbolica (identità, marchio, ecc.).
Sviluppo economico, qualità ambientale, dignità del lavoro, sicurezza sociale, uguaglianza dei diritti, progetti condivisi con gli altri comuni del comprensorio: tenere insieme questi obiettivi è oggi possibile. Ed è necessario: solo integrando questi fattori, facendo sì che si rafforzino a vicenda invece di entrare in conflitto tra loro, Foligno può compiere il salto di qualità necessario a fronteggiare la competizione globale.
Un programma per cambiare
Il programma di Foligno in comune vuole contribuire a questa svolta. Non è un elenco di misure ma la sintetica indicazione di una rotta. Il primo capitolo è dedicato alla premessa di tutto, la qualità della politica: partecipazione e lotta al clientelismo. I capitoli 2 e 3 delineano obiettivi di qualità sociale: i diritti di tutti, l'attenzione ai più deboli, il giusto riconoscimento alle associazioni impegnate per il bene comune. Il capitolo 4 è dedicato alla dignità del lavoro. I tre capitoli successivi parlano di ambiente: il quinto dell'economia verde come “secondo motore” dello sviluppo; il sesto dei beni comuni; il settimo ci ricorda che Foligno deve molto al suo retroterra di montagna, e propone di pensare insieme una strategia per le zone interne. L'ottavo è dedicato alla cultura. L'ultimo potrebbe essere il primo, perché afferma che la risorsa principale sono i giovani.
Può sembrare troppo difficile. Ma le premesse ci sono, le idee non mancano e le persone giuste le abbiamo candidate, insieme a Luciano Pizzoni.
Ora tocca agli elettori.
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