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GIOVANNI di Corraduccio detto Mazzaforte, fu un importante esponente della scuola pittorica umbra della prima metà del 400. Non si conosce la sua data di nascita anche se sappiamo che molto probabilmente fu originario di Foligno. Si hanno documenti su di lui partire dal 1404 e fino al 1437 dove viene spesso citato (Scarpellini, 1976, pp. 121-123) come "magister Iohannes Coradutii de Fulgineo pictor", "magister Iohannes Corradutii alias Mazaforte pictor" o anche "magister Iohannes Coradutii Galassi alias Macçaforte pictor de Fulgineo".
Fu a capo di una bottega molto attiva ed importante che operò in ambito umbro-marchigiano. Giovanni di Corraduccio viene citato per la prima volta in un documento dell’archivio della chiesa di S. Gregorio Maggiore a Spoleto datato 1404 e oggi perduto, nel quale lo si incarica di eseguire un gonfalone destinato a quella chiesa. Nella stessa chiesa dipinse anche un affresco nella "finestra de mezo dellu frontespizio". Nel 1415 siamo a conoscenza della sua attività in Fabriano in quanto Giovanni il 25 giugno dello stesso rilasciò una quietanza di pagamento a Gregorio di Nicoluccio per la decorazione della cappella della S. Croce nel duomo di Fabriano con Storie del ritrovamento della s. Croce e altri temi. Nel 1417, eseguì alcune pitture per la cappella di "Mactiolius Pauli Ventaculi" nella chiesa di S. Maria degli Angeli in Assisi (Scarpellini, 1976, p. 122).
Dei sopracitati lavori, purtroppo, non resta molto, nulla del gonfalone e nulla della cappella assisana andata distrutta. Sulla facciata della chiesa di S. Gregorio Maggiore a Spoleto restano alcuni frammenti ad affresco, mentre nella ex cappella della S. Croce nel duomo di Fabriano abbiamo pochi brani di pittura murale. Dell'affresco spoletino è leggibile solo un'esigua porzione della zona superiore, dove rimangono alcune decorazioni dell'intradosso del rincasso, con foglie d’acanto alternate a tondi, e, sulla facciata, cinque angeli a mezzo busto ai lati di una mandorla. Inoltre si intuiscono resti delle figure di due santi. La cappella della S. Croce nel duomo di Fabriano fu fortemente rimaneggiata con strutture seicentesche. Dell'originario ciclo pittorico restano soltanto alcune figure di santi e vescovi poste in due vele visibili dal locale dell'organo, alcune parti di una Crocifissione (la parte inferiore del Cristo Crocifisso, la Maddalena inginocchiata ai piedi della Croce, S. Giovanni, Longino e il gruppo delle pie donne) ed infine, nella parete opposta, due episodi della Leggenda della Croce (a destra, S. Elena e s. Ciriaco che porta la Croce e, a sinistra, S. Elena che adora la Croce).
Da ciò che resta di questi lavori si può notare come la composizione degli elementi fosse fortemente cadenzata e solenne, statica, estranea a divagazioni aneddotiche, e come, dalla presenza di personaggi caratterizzati e monumentali, emerga l'adesione a un modello iconografico di tipo tradizionale e la volontà di accentuare i valori ieratici dei soggetti.
Nel 1962 Roberto Longhi attribuì al maestro folignate, proprio sulla base delle analogie stilistiche che egli riscontrava con i frammenti di Fabriano, un trittico esposto nella Pinacoteca di Trevi raffigurante Storie della infanzia e della Passione di Cristo e figure di santi, "vari affreschi nel S. Francesco di Montefalco" e un trittico di proprietà Viezzoli (Genova), che successivamente fu ricondotto da Zeri (1963, p. 32) nel catalogo del Maestro della Dormitio di Terni. Quest'ultimo (ibid., p. 43) aggiunse ancora al corpus proposto da Longhi una Crocifissione e una Dormitio Virginis, affrescati nella cappella in fondo alla navata sinistra della chiesa di S. Francesco a Giano dell'Umbria e un trittico con Madonna col Bambino in trono fra santi, già nella collezione Volpi (Firenze) poi in quella Leuchter (Monaco di Baviera) e quindi nella collezione Heinz Kisters a Kreuzlingen. Lo Scarpellini attribuì a Giovanni di Corraduccio (1969) anche una Crocifissione dipinta all'interno dell'oratorio di S. Leonardo (detto anche di S. Francescuccio) ad Assisi.
Successivamente i contributi di Boskovits (1977), dello Scarpellini (1976), di Lunghi (1982) e di Todini (1989) portarono a un notevole incremento del numero di lavori attribuiti a Giovanni di Corraduccio e alla sua bottega. La critica, a partire dagli studi di Scarpellini (1976), ha ravvisato nella produzione di Giovanni di Corraduccio gli influssi della pittura marchigiana e del pittore Cola di Pietro, giustificati dal documentato soggiorno del pittore a Fabriano e da un suo ipotetico passaggio a Camerino, e la presenza di forti componenti artistiche di origine umbra.
In particolar modo sono state evidenziate le analogie esistenti fra le modalitĂ compositive, iconografiche e stilistiche adottate da Giovanni e quelle proposte all'inizio del secolo precedente in S. Francesco ad Assisi, soprattutto nella basilica inferiore, e reiterate nelle opere dei tanti anonimi maestri attivi nella prima metĂ del Trecento nella valle spoletina. In questa profonda adesione di Giovanni ai fondamentali testi del Trecento umbro, lo Scarpellini riconobbe molte caratteristiche proprie dell'opera del Maestro della Dormitio di Terni e propose di collocare la formazione di Giovanni proprio nell'ambito di questo pittore, vero e proprio caposcuola di area spoletina tra la fine del Trecento e l'inizio del Quattrocento. La presenza di Giovanni a Spoleto, prima nel 1404 poi nel 1411-13, e la sua attivitĂ nella chiesa di S. Gregorio Maggiore davano ulteriore sostegno alla sua ipotesi. Tuttavia, l'accresciuta conoscenza delle correnti pittoriche umbre dell'inizio del Quattrocento ha permesso di comprendere come la tendenza a riproporre modelli trecenteschi, spesso rivista in chiave tardogotica, fu patrimonio comune di tutta una generazione d'artisti.Sembrano errate le attribuzioni a Giovanni di Corraduccio di alcune opere quali: la decorazione della cella della beata Angelina e del refettorio nel protomonastero di S. Anna a Foligno, l'EtĂ dell'uomo nel corridoio di palazzo Trinci a Foligno (Fratini, 1987), le Storie di s. Antonio Abate nella chiesa di S. Francesco a Montefalco, opere tutte attribuite a un altro pittore folignate, Andrea di Cagno.
Il nome di Giovanni di Corraduccio compare per l'ultima volta in un documento del 29 giugno 1437 (Scarpellini, 1976, p. 123). Si ritiene che questa sia la data della sua morte poiché tre anni dopo, il figlio Pietro, anch'egli pittore, stipulò da solo un contratto d'affitto per una bottega.
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